Gennaio 11 2016 0Comment

Francesca Zagni: “il senso della partecipazione è imprescindibile per la felicità pubblica”

CatturaDal portale “Felicitapubblica.it”, intervista a Francesca Zagni di Veronica de Meo.

Secondo una recente indagine “L’andamento delle raccolte fondi: bilanci 2014 e proiezioni 2015” realizzata dall’Osservatorio di sostegno al Non Profit sociale dell’Istituto Italiano della Donazione (IID) in collaborazione con l’Associazione Italiana Fundraiser (Assif), su un campione di quasi 200 Organizzazioni Non Profit (ONP), statisticamente non rappresentativo ma significativo dell’intero Terzo settore italiano, è emerso che il 35% delle ONP ha aumentato la propria raccolta fondi nel 2014, mentre il 34% ha diminuito le proprie performance. Mettendo a confronto i dati degli ultimi tre anni, purtroppo, sembra aumentare il numero delle Organizzazioni che peggiorano la propria raccolta fondi nel 2014 rispetto al 2013 dal 26% salgono al 34% delle intervistate. Pertanto, per cercare di capire quale sia il futuro delle donazioni alla luce di tali dati, Felicità Pubblica ha intervistato Francesca Zagni, docente per il Fundraising e Marketing Sociale all’Università S.Tommaso d’Aquino e presso AICCON Alta Formazione.

Quale potrebbe essere, secondo lei, la soluzione per trovare più donatori?

Ci sono diverse motivazioni per le quali prima di tutto i donatori dovrebbero essere considerati sempre con il massimo rispetto perché rappresentano il più grande patrimonio che un’associazione abbia. Naturalmente le condizioni socio economiche del Paese in questo momento non favoriscono i grandi donatori o la ricerca di donatori in particolare. Il dato che ha presentato la ricerca riguarda coloro che sono associati all’Istituto Italiano della Donazione, non è un dato di carattere nazionale, tranne quelli che vogliono rispondere spontaneamente perché sensibilizzati dal fatto che è importante che ci siano i dati disponibili, ma che purtroppo, questo l’abbiamo constato anche alla presentazione del Manifesto per il fundraising, non ci sono dati a livello nazionale tranne quelli che non siano dell’istituto di statistica. L’Istat raccoglie tutti i dati che poi vengono elaborati e li pubblica un anno dopo o anche più, perciò hanno un valore importante ma vanno inquadrati in questo lasso di tempo. Quindi, prima di tutto una conservazione del patrimonio di ciascun soggetto del Terzo settore. E poi come cercano i nuovi donatori? Bisognerebbe analizzare come fanno la ricerca, come avviene attraverso i metodi tradizionali cioè la campagna, sensibilizzo, mando qualcuno, faccio il face to face. Ci sono diversi sistemi per raccogliere i donatori, quello di base da sempre è quello che viene definito circolo. I fondatori o le persone che cominciano a operare in un’associazione sensibilizzano il loro circolo personale. Inoltre, è faticoso gestire il database donatori perché tanto più è particolareggiato il profilo del donatore tanto meglio si trovano i punti più sensibili, ma ciò non avviene se questo lavoro viene affidato non a specialisti oppure con limiti di tempo, o con limiti di investimento. Secondo i veterani di questo campo per stabilire un buon sistema donatori e per fare un impianto di fundraising che diventi rassicurante e produttivo ci vuole un buon budget di investimento.

Su cosa si dovrebbe investire maggiormente?

Dipende dalla capacità, dalla misura, dal livello dell’associazione. In Italia ci sono le prime venti associazioni che sono estremamente stabili e meglio organizzate perché allo stato attuale sono in grado di investire in una campagna di sensibilizzazione attraverso un annuncio sul giornale ringraziando tutti i donatori oppure cercando di accedere alle trasmissioni RAI tramite il segretariato sociale. Bisognerebbe investire di più nello stabilire una strategia di raccolta fondi che includa ovviamente un buon database e che includa una ricerca di donatori non solo casuali, ma sistematica con modalità professionali.

Qual è secondo lei il fattore che maggiormente fidelizza il donatore?

Certamente la trasparenza, perché non basta investire nella richiesta, quindi la rendicontazione, la spiegazione di come vengono indirizzate le risorse che sono state raccolte, verso quale progetto e dunque rendere il donatore estremamente informato.

Tre consigli per un’efficace campagna di fundraising?

Prima di tutto fare un’attenta analisi dei propri donatori e poi un’attenta analisi del pubblico al quale ci si intende rivolgere. Cito una slide dell’Istituto della Donazione, se dovessimo fare un confronto tra i maggiori strumenti utilizzati per la raccolta fondi 2013 nei confronti del 2014, generalmente al primo posto c’era sempre il direct marketing cartaceo cioè quelle lettere che noi riceviamo a casa e invece per la prima volta abbiamo visto che funzionano bene anche gli eventi pubblici, che vanno dai dialogatori per le strade oppure l’evento in cui si invitano tutti quelli coinvolti nella campagna, il proprio staff, le associazioni, i consulenti. Al secondo posto allo stato attuale, in questa ricerca veniva elencato il direct marketing cartaceo, i dialogatori che prima avevano avuto un successo straordinario adesso sono in una posizione media. Poi grande successo negli anni scorsi era l’sms solidale. Nelle ultime posizioni ci sono i lasciti testamentari, in Italia una metodologia poco usata invece molto utilizzata nei paesi anglosassoni. I social media ancora sono agli ultimi posti, per lo meno in questa statistica, perché uno diffida a donare tramite loro. Poi alla fine quello che dovrebbe diventare un grosso strumento perché è coinvolgente al massimo è il cosiddetto crowdfunding.

Quale fattore a suo avviso è imprescindibile per la felicità pubblica?

E’ una bellissima domanda. Il senso della partecipazione ma anche il senso di riuscire ad arrivare a determinati obiettivi, di riuscire a trovare delle soluzioni e di vederle realizzate.

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