Silvia Superbi intervista Eleonora Terrile, socia EUconsult Italia e consulente e docente di copywriting e comunicazione sociale. Fondatrice del progetto di laboratori artistici Labelluli – creare sulle ali di un dettaglio. Artista di Mus-e Milano.
“Parole scelte con cura per aziende ed Enti del Terzo Settore”, si legge nella home page del tuo sito. La scelta delle parole è importante per chi si occupa di comunicazione, e non mi riferisco – soltanto – all’estetica o alla sintassi. La parola “cura” ci porta all’attenzione verso l’altro. Parlami di te, della tua esperienza professionale e di ciò che ti ha avvicinato al mondo della comunicazione.
Nel 1988 sono arrivata a Milano con il desiderio di lavorare in pubblicità come copywriter. Non avevo esperienza né portfolio, ma una Laurea in Lettere Moderne e una tesi in Psicologia sulla comprensione dei testi in età infantile.
Ho iniziato in uno studio “bomboniera”. Poi sono entrata in un’agenzia di medie dimensioni, infine in una internazionale con una divisione fundraising dove sono cresciuta fino a diventare co-direttrice creativa. In questa agenzia ho iniziato a scrivere, anche, per Enti del Terzo Settore, appassionandomi e cogliendo tutte le occasioni possibili di formazione: il mio benefit era l’International Fundraising Congress. Da fine 2007 opero come consulente e docente di comunicazione sociale, in rete con altri professionisti. Senza nulla togliere al rapporto umano, ineguagliabile, devo dire che da 12 anni lavoro da remoto, con persone che abitano ovunque.
La parola comprensione mi accompagna dai tempi della tesi. Il primo consiglio ricevuto in agenzia è stato: “Devi farti capire, anche da un bambino” . Un consiglio che do nei miei corsi è “Per farti comprendere devi semplificare:
operazione diversa dal banalizzare.” Come spiega la scrittrice Michela Murgia: “Semplificare è togliere il superfluo
e lasciare l’essenziale. Banalizzare è togliere l’essenziale e lasciare il superfluo.”
Comunicare usando le parole giuste significa anche stare attenti a utilizzare il giusto approccio per rivolgersi ai nostri stakeholder, alle organizzazioni che supportiamo come consulenti, ai beneficiari delle nostre organizzazioni del Terzo Settore?
La scelta delle parole è l’ultimo passo di un percorso che inizia con l’ascolto. Seguono le domande. Per conto di quale Ente sto comunicando? A chi mi rivolgo? Attraverso quali mezzi di comunicazione? Qual è il tema? Qual è l’obiettivo? Devo coinvolgere un possibile finanziatore? Sto scrivendo una lettera di ringraziamento a un fedele sostenitore o sostenitrice? Devo inviare una e-mail a volontari/e, un messaggio su WhatsApp ad attivisti/e, a cyber attivisti/e? Di chi sono il ghostwriter? Di una Professoressa universitaria? Di un prete di frontiera? Di un’attivista ambientalista? Di un ricercatore scientifico? Infine, arriva la scelta delle parole. Parole coerenti con la personalità dell’Ente e di chi lo rappresenta, oltre che adatte al media e comprensibili per l’interlocutore.
In questa fase di allentamento dall’emergenza Covid deve cambiare la comunicazione degli Enti del Terzo Settore? Possiamo ricominciare a raccontare i nostri progetti? Dobbiamo cambiare linguaggio?
Ribadisco quanto detto durante il webinar della Fundraising Academy di Elena Zanella: “Comunicare nell’emergenza e prepararsi al dopo”. Nel 2020, per 4 mesi, la narrazione quotidiana dei media è stata su malattia, morte, solitudine, impossibilità di celebrare riti funebri, contagio, impoverimento, povertà, costrizioni, distanziamento. Dopo questa immersione virtuale e reale nella “notte”, è il momento di trasmettere sollievo, positività, speranza, fiducia. Il tutto evitando l’effetto copia-incolla o “tubolario”, come ironicamente spiegato da Francesco Taddeucci. Sono curiosa di vedere le campagne natalizie 2020, soprattutto i mailing per le persone anziane. Quest’anno mi aspetto rispetto, non la solita catena di montaggio del dolore.
Alcuni settori meritano un’attenzione particolare nella comunicazione, ad esempio l’ambito oncologico, le malattie pediatriche gravi o le malattie neurologiche. Hai qualche esperienza da raccontare?
Il primo Ente del Terzo Settore per il quale ho lavorato quando ero in agenzia è stata la Fondazione Italiana per la Ricerca sul Cancro AIRC (1996-2003). Benché scrivessi i testi di molti progetti (mailing, eventi, il primo sito, cataloghi, campagna di pay-roll giving) non avevo sufficiente esperienza per fare domande che andassero oltre il brief, le regole pubblicitarie e del direct marketing. Oggi posso dire che AIRC fa un’ottima comunicazione istituzionale e di raccolta fondi. Nel mailing di acquisizione (arriva a mia suocera), per esempio, mette al centro
il destinatario e ne rispetta la dignità attraverso il tono di voce, la scelta delle parole, la chiarezza grafica, i micro testi di accompagnamento sui moduli di donazione, le call to action, le personalizzazioni. Questo non accade nella maggior parte dei mailing diretti a chi ha più di 70 anni: fatti a catena di montaggio, pieni di banalizzazioni, colpevolizzazioni e gadget inutili.
Al Non Profit Women Camp, che come tanti eventi è stato rimandato al 2021, avresti affrontato il tema “Comunicazione & stereotipi”. Ci puoi anticipare qualcosa?
Posso dire che cosa sarebbe accaduto il 7 Marzo 2020. Avrei fatto il mio intervento con Armanda Salvucci, ideatrice di Sensuability, rivoluzionario progetto inaugurato nel 2017 per abbattere tabù sul tema sessualità e disabilità, e Presidente dell’associazione di promozione sociale Nessunotocchimario. Insieme avremmo lanciato i siti di Sensuability e di Nessunotocchimario, dei quali ho scritto i testi. Avremmo raccontato che è possibile comunicare senza angeli, eroi, eroine, vincitori, vinti, polarizzazioni, pietismo, sensazionalismo.
Come socia di EUconsult Italia in che modo credi che questa organizzazione possa contribuire a combattere stereotipi oppure al rispetto della Diversity & Inclusion? Quali attività proponi per diffondere il concetto di comunicazione = rispetto anche tra noi esperti del Terzo Settore?
A un’associazione europea quale EUconsult Italia è propongo di unire le forze dei vari Paesi per:
• fare una ricerca quantitativa e qualitativa a livello europeo per capire quanti Enti del Terzo Settore sono fondati/guidati da uomini e quanti fondati/guidati da donne. Quanti Enti sono a conduzione familiare, in quali settori operano e che impatto hanno sui dipendenti/collaboratori, beneficiari, stakeholder.
Premettendo che do importanza al merito e non al genere sessuale d’appartenenza, se penso all’Italia e ad Enti famosi mi vengono in mente vari nomi di uomini fondatori e uno solo di donna: Sabina Santilli, fondatrice della Lega del Filo d’Oro.
• Organizzare convegni con relatori e relatrici che stanno facendo cultura e lavorando per superare alcuni stereotipi.
Qualche nome? La già citata Armanda Salvucci, che con Sensuability affronta di petto e di tacco il tabù sessualità e disabilità. Marina Sozzi, tanatologa, studiosa del fine vita, blogger e scrittrice. L’ultima sua opera, Non sono il mio tumore. Curarsi il cancro in Italia è una lettura che consiglio sia a chi svolge una professione in ambito sanitario sia a chi lavora nel Terzo Settore. Martino Ghielmi, che con Vadoinafrica sta creando una comunità collaborativa euro-africana e, nel contempo, sta facendo conoscere un continente ben diverso dallo stereotipo a uso dei TV Direct Response di alcune ONG.