Settembre 01 2020 0Comment

Intervista a Fabio Lenzi: la consulenza in Sanità

Silvia Superbi, socia EUconsult Italia, intervista Fabio Lenzi, consulente di Direzione, fondatore IRIS Idee & Reti per l’Impresa Sociale società di consulenza strategica rivolta al Terzo Settore

 

All’ultimo Workshop di EUconsult Italia, a Firenze il 30 gennaio, si è parlato di Consulenza in Sanità e mi ha colpita il tuo intervento sul ruolo del consulente connesso con gli altri professionisti a livello orizzontale e della sua potenzialità di rete, necessità oggi sempre più pressante in realtà più o meno complesse.
Fabio Lenzi: si, il consulente tradizionalmente vive nella “beata solitudine” delle sue competenze che con più o meno efficacia trasmette al cliente, secondo un modello tradizionale che si muove ancora e spesso in una dimensione mono-disciplinare.
A fronte di settori che stanno avendo grandi cambiamenti nei fondamentali organizzativi, è una modalità che dimostra di perdere di efficacia.
Durante il WS in particolare si parlava del consulente che offre le sue competenze ai soggetti che operano in ambito quali cura, assistenza e in generale presso strutture sanitarie, compresa la disabilità e non autosufficienza. In questo ambito, come anche in altri -sia pubblici che privati- emerge sempre più l’esigenza di riorganizzare i propri processi strategici in un’ottica multidisciplinare e non settoriale.

Vuole essere una chiamata per il consulente ad essere consapevole di cosa accade intorno a lui? Ad aumentare le competenze? Comprendere quali altri processi va a toccare la sua attività?
Poter mettere insieme diverse skills su uno stesso processo significa raggiungere un risultato decisamente più efficace.
È compito delle RETI provare ad unire i consulenti per la specificità dei soggetti ai quali si rivolgono, proprio come fa EUconsult Italia: creare occasioni dove i consulenti di diverse specialità, ma che sono impegnati verso gli stessi soggetti come ad esempio nel nostro caso verso gli Enti del Terzo Settore, si confrontano e conoscono le peculiarità delle altre consulenze, favorendo così l’approccio multidisciplinare.
La dimensione multidisciplinare è efficace non perché mettiamo insieme una squadra con le consulenze necessarie al processo (non è la quantità di competenze) ma è la capacità del Team di iniziare a costruire un pensiero orizzontale. Al WS ho portato l’esempio del consenso informato scritto impeccabilmente dal punto di vista legale, ma non chiaro per un paziente, non si tratta di un processo che può essere svolto solo gli avvocati, serve un team con avvocato, risk manager, clinici e comunicatore che sa semplificare per il cittadino. Non è solo una metodologia: cambia la funzione dello strumento, ma allo stesso tempo i singoli consulenti allargano il proprio orizzonte e comprendono tutto ciò che gira intorno a quell’argomento, allargando così anche le proprie competenze.

Mi metto nei miei panni, quelli del consulente che porta la propria competenza ma non trova la facilità di lavorare in team orizzontali integrati. Sicuramente realtà come EUconsult Italia possono promuovere un cambiamento culturale e una nuova consapevolezza multidisciplinare. Eppure, credo bisognerebbe trovare un modo per cambiare la cultura dei Direttivi: come si cambiano i processi, la mentalità? Non tutte le organizzazioni sono mature per quest’ottica multidisciplinare, non credi?
Vero, non c’è una domanda di multidisciplinarietà, però lo ricollego soprattutto ad una carenza di offerta. Il consulente al quale viene chiesto un documento di comunicazione pensa alla comunicazione e non alla normativa, il legale alle norme da rispettare e non si pone necessariamente domande di comprensione per il cittadino.
Ecco che le Reti hanno una grande importanza, ci conosciamo tra colleghi e c’è una grande contaminazione. Io ascolto un fundraiser, comprendo cosa fa e quali problematiche affronta. Non divento un fundraiser con un po’ di incontri ma gli elementi di fundraising entrano trasversalmente nelle mie competenze e mi rendo consapevole che su certi ambiti devo lavorare con loro, anche se il mio contratto non prevede il fundraising.
Una volta che sono consapevole di tutte le sfaccettature e le contaminazioni che il mio lavoro può integrare, allora sarò capace di produrre un’offerta competitiva e di efficacia e sarò in grado di portare il Direttivo di una organizzazione verso questo approccio orizzontale e multidisciplinare.

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